Il mio nome è tempesta. Il Delitto Matteotti

Ci sono eventi che cambiano profondamente la storia. Eventi per i quali c’è un prima e c’è un dopo. Il delitto Matteotti è uno di questi. Una delle pagine più drammatiche e significative della storia del nostro Paese.

Sinossi

Ci sono eventi che cambiano profondamente la storia. Eventi per i quali c’è un prima e c’è un dopo. Il delitto Matteotti è uno di questi. Una delle pagine più drammatiche e significative della storia del nostro Paese.

Il 10 giugno 1924 il deputato del Partito socialista unitario Giacomo Matteotti, “Tempesta”, come veniva chiamato per il suo carattere irruento e coraggioso, fu rapito a Roma e ucciso da un gruppo di squadristi fascisti, guidati da Amerigo Dumini.

Il suo corpo, sepolto frettolosamente, fu ritrovato solo due mesi dopo, in un bosco alla periferia di Roma. Appena dieci giorni prima del rapimento, il 30 maggio 1924, nel suo celebre intervento alla Camera dei Deputati, Matteotti aveva attaccato duramente Benito Mussolini, denunciando i brogli elettorali, le intimidazioni e i pestaggi che avevano caratterizzato le votazioni del 6 aprile 1924, che avevano portato al potere il Partito fascista, arrivando a chiedere l’annullamento delle votazioni.

Una sfida diretta al Duce, che era rimasto ad ascoltarlo con sguardo truce nell’aula di Montecitorio senza pronunciare una parola. “Il mio discorso l’ho fatto – le parole che Matteotti rivolse ai compagni di partito al termine dell’intervento – Ora voi preparate il discorso funebre per me”.

Parole che, rilette oggi, suonano come una profezia. Matteotti sapeva di rischiare la morte? In maniera parallela all’attività politica, da giornalista, il deputato aveva denunciato una vicenda ancora più scottante: le presunte tangenti pagate dalla compagnia americana Sinclair Oil per ottenere la concessione delle trivellazioni petrolifere in Italia. Vicenda che, secondo accertamenti e ricostruzioni accurate, chiamava in causa il fratello del Duce Arnaldo Mussolini e, secondo alcuni storici, anche il Re Vittorio Emanuele III.

Una storia pericolosa che Matteotti aveva ricostruito in un articolo indirizzato alla rivista ‘English Life’ e della quale aveva parlato con la moglie, la poetessa Velia Titta, salutandola pochi minuti prima del rapimento.

Un dramma e un giallo, quello ricostruito nello spettacolo teatrale “Il mio nome è tempesta. Il delitto Matteotti”, scritto dalla giornalista Carmen Sepede, diretto da un regista di fama nazionale come Emanuele Gamba e portato in scena dalla Compagnia Act di Campobasso.

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Interpreti

A interpretarlo tutti attori di esperienza teatrale e cinematografica: Marco Caldoro, Diego Florio, Gaetano Amato, Domenico Florio e Piero Grant. Lo spettacolo, di profilo culturale e didattico, ha ottenuto per la sua valenza la coproduzione della Fondazione Molise Cultura e il Patrocinio della Fondazione Giacomo Matteotti di Roma, oltre che il sostegno della Regione Molise, attraverso il bando ‘Turismo è cultura 2020’, Bando per lo sviluppo del Molise.

Lo spettacolo, che sarà messo in scena al Teatro Savoia di Campobasso in prima nazionale il 9 e il 10 giugno 2021, in occasione delle celebrazioni per la morte di Giacomo Matteotti, sarà poi rappresentato in altri teatri italiani e in importanti appuntamenti istituzionali.

Uno spettacolo che si rivolge sia alle scuole, per far conoscere agli studenti un avvenimento che ha segnato in maniera profonda la storia italiana del Novecento, che a un pubblico adulto, per stimolare la riflessione sui grandi temi del fascismo e dell’antifascismo, della lotta e della propaganda politica, sulla libertà di parola e sulla libertà di stampa. Battaglie che Giacomo Matteotti ha combattuto tutte.

Note di Regia

Quasi 3000 anni di teatro ci hanno regalato grandi figure di eroi, uomini coraggiosi e visionari, spesso limpidamente dotati di una statura morale che li fa somigliare a dei Titani. Sono stati padri, figli, condottieri, religiosi, principi e re.

Ognuno di questi eroi ha vissuto, in scena, vite in cui ogni parola, ogni azione ha creato e fatto vibrare un epos che ha contribuito a costituire il più solido e prezioso habitat in cui è nato e cresciuto l’uomo moderno.

In questo senso tutti noi sappiamo riconoscere un eroe da un carnefice ma la decisione di seguire l’uno o l’altro, di ispirarsi all’uno o all’altro modello, possiamo dirlo, è un affare legato solo al libero arbitrio, alla sensibilità, alla cultura e al coraggio di ognuno.

Fuori del teatro, nel mondo vero e nel teatro di questo mondo vero, cioè nella Storia, ci sono stati uomini, anch’essi eroi che nei periodi più cupi e violenti, hanno parlato, gridato e innalzato argini fatti di parole dure come pietre. E questi argini hanno resistito, protetto e modificato il corso degli umani eventi.

Molti, parlando, sono stati fatti fuori senza pietà, alcuni altri, pochi in verità, hanno avuto la soddisfazione di vedere il felice epilogo delle loro battaglie. Fra questi eroi titani, Giacomo Matteotti ricopre un ruolo principale nella storia del nostro paese e questo spettacolo intende riconoscere e ricordare la statura di un deputato della Repubblica che ha giganteggiato per impegno e forza.

Ricostruito con una struttura a metà fra un giallo, un noir e una spy story, “Il mio nome è Tempesta. Il delitto Matteotti”, narra lo scontro tra fascismo e antifascismo, fra una dittatura nascente e una visione altra del mondo, finalmente democratica e plurale. Intorno ai due massimi competitors, Mussolini e Matteotti, due umanità, quella della maggioranza e quella dell’opposizione si fronteggiano e si sfidano, incrociando trame di palazzo a strategie parlamentari.

E’ un grande onore riascoltare, oggi, le parole/pietre di Giacomo Matteotti, la cui morte, il cui sacrificio non sono stati vani e anche questo nostro spettacolo lo testimonia con passione e orgoglio. I volti e le voci di Gaetano Amato, Marco Caldoro, Diego Florio, Domenico Florio e Piero Grant, lo spazio mobile e versatile di Michelangelo Tomaro compongono il tutto, un panorama popolato di idealità contrapposte ad interessi, un affresco le cui linee e i cui colori non dovranno mai essere dimenticati.

Emanuele Gamba


Contributo alla drammaturgia
:
Gianmarco Galuppo